Tour de France 2022, il direttore di corsa Thierry Gouvenou difende la tappa del pavé: “Cerchiamo il modo di vivacizzare la corsa”
Cresce l’attesa attorno alla tappa odierna del Tour de France 2022 con oltre 19 chilometri di pavé da affrontare. Ogni volta che gli organizzatori decidono di inserire le pietre nel percorso della Grande Boucle, scoppia subito la polemica tra chi non vede l’ora di godersi lo spettacolo e chi, invece, ritiene troppo pericolosa una frazione del genere per i rischi che corrono gli uomini di classifica. La tappa odierna rappresenta, in effetti, una grande incognita in vista della classifica finale, anche pensando alla storia recente: nel 2014 in una tappa molto simile Vincenzo Nibali mise una seria ipoteca sulla conquista della Maglia Gialla, mentre l’anno successivo e nel 2018 i big arrivarono al traguardo tutti assieme.
Il direttore di corsa Thierry Gouvenou ha provato, quindi, a spiegare a CyclingNews il perché di questa tappa: “Ogni volta che siamo in una regione piatta, cerchiamo di trovare il modo di vivacizzare la corsa. A volte proviamo a cercare il vento vicino alla costa e a volte cerchiamo il pavé che accenderà la prima settimana e farà registrare dei distacchi”.
“È vero che l’ultima volta non ci sono stati grandi distacchi – ha aggiunto riferendosi alla frazione vinta da John Degenkolb a Roubaix nel 2018 – ma quest’anno spero in qualcosa in più. Questo è il motivo per cui ho inserito settori più lunghi. Questa è la differenza principale e può cambiare le cose. L’accumularsi di lunghi settori può provocare delle fratture e spero che avremo i primi veri distacchi mercoledì ad Arenberg“.
Gouvenou desidera quindi allontanare qualsiasi polemica sulla questione: “Ho sentito un po’ di chiacchere sulla questione e non mi piace. Ci sono rischi dappertutto. Anche le tappe in Danimarca hanno avuto dei rischi, la partenza del Tour è sempre un gioco con il rischio. Puoi perdere corridori dappertutto”.
“L’altra ragione per cui facciamo questo è che hai bisogno di compagni differenti – ha concluso il transalpino – compagni per il vento e per le pietre. E questo vuol dire averne meno per le montagne. Quando hai meno scalatori e meno squadre in grado di supportare i capitani in salita, è una buona cosa per il Tour“.
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